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Sulla carne del cuore

Data: 12-09-2025, in Commenti al Vangelo

Domenica 14 settembre - Esaltazione della croce - fra Ermes

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Gv 3,13-17

SULLA CARNE DEL CUORE

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio”. Parole da incidere sulla carne del cuore, ogni volta che un dubbio torna a stendere il suo velo di domande.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio”. Parole da ripetere senza stancarsi, da incidere sulla carne del cuore, ogni volta che un dubbio torna a stendere il suo velo di domande.

«Amare tanto» è cosa da Dio, ma come lui ‘anche noi abbiamo bisogno di molto amore per vivere bene’ (J. Maritain). Quando amo in me si raddoppia la vita, aumenta la forza, sono felice. Ogni mio gesto di cura, di tenerezza, di amicizia porta in me la forza di Dio, spalanca una finestra sull’infinito.

Quando ama l’uomo compie gesti divini. Quando ama Dio compie gesti molto umani.

Ha tanto amato il mondo da “dare”: nel vangelo ‘amare’ non è una emozione o un fatto sentimentale, ma si traduce sempre con un altro verbo semplice, asciutto, sobrio, di mani: dare! Generosamente, illogicamente, dissennatamente dare.

Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Salvare vuol dire conservare e niente andrà perduto: nessun gesto d'amore, nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Tutto questo circola attraverso il mondo come una forza di vita ( Ev Ga 279); e Dio donerà eternità a ciò che di più bello portiamo nel cuore.

Al Padre non interessa istruire processi contro di noi, neppure per assolverci e mostrarsi misericordioso. La vita del credente non è pensata a misura di tribunale, ma di fioritura e di abbraccio.

Ogni volta che temiamo condanne, per le ombre che ci portiamo dietro, siamo pagani, non abbiamo capito nulla della croce. Ogni volta invece che siamo noi a lanciare condanne, ritorniamo pagani, scivoliamo fuori dalla storia di Dio.

La fede cristiana si fonda sulla cosa più bella del mondo: un atto d’amore, duplice, quello di Dio che ha ‘tanto amato da dare il Figlio’ e quello accaduto appena fuori le mura di Gerusalemme, sul Calvario.

In quel corpo straziato, imbruttito dalla tortura, in quel corpo che è l’eco visibile del cuore, che è il riflesso di un amore folle e scandaloso, bello da morirne, lì è la bellezza che salva il mondo, lo splendore di un Cristo che ancora mi seduce. Bella è la persona che ama, bellissimo l’amore fino all’estremo. La norma, la regola, il ‘nomos’ della bellezza è sempre l’amore.

Questa è l’esaltazione della croce, punto d’incontro tra Dio e il mondo, croce che solleva la terra, abbassa il cielo, raccoglie i quattro orizzonti, è crocevia dei cuori dispersi.

Siamo eredi di un cristianesimo che sogna i miracoli e si lamenta con Dio quando non li compie.

Guarda il miracolo vero, fissalo: è questo Signore che sta con le braccia allargate. Questo è il miracolo nuovo.

Gesù ha fatto miracoli sul mare, sui pesci, sui ciechi, e sui lebbrosi, ma il miracolo nuovo è questo Dio che non fa un miracolo per sé, ma se ne rimane con le braccia aperte. Aperte al Padre e al mondo.