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Dio degli orizzonti

Data: 14-08-2025, in Commenti al Vangelo

domenica XX - 17 agosto - fra Ermes Ronchi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Luca 12,49-59 

DIO DEGLI ORIZZONTI

Possiamo vivere accesi, ne abbiamo il dovere morale. E noi sappiamo dove attingere la fiamma, oggi più che mai.

Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione.

Gesù manifesta la sua angoscia pronunciando parole forti, rivelandoci che Dio non è neutrale: vittime o carnefici non sono la stessa cosa, e lui si schiera. Sono testi duri e pensosi, scritti sotto il fuoco della prima violenta persecuzione contro i cristiani.

Un colpo terribile per le prime comunità di Palestina, dove tutti erano ebrei e le famiglie cominciavano a spaccarsi attorno allo scandalo e alla follia della croce di Cristo, che planava sulle vite come fuoco e come spada.

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra. La fede in Gesù, seguire la sua visione del mondo non mette a posto le coscienze, piuttosto rompe le false paci, oggi come allora, e in me ha a che fare col fuoco, con la passione. Si presenta come una eudaimonia, la chiamavano i greci, un daimon buono in me, uno spirito, un angelo che porta un di più di bellezza.

Parole che provocano tutti, me per primo: dov’è il mio fuoco? Vivo acceso o coltivo un pugnetto di cenere?

Ricordiamo il giudizio dell’Apocalisse: alla chiesa di Laodicea scrivi che poiché non sei né caldo né freddo io ti rigetto. Per noi cristiani tiepidi ha scritto Charles Peguy: Di un peccatore si può fare un santo/ di un pagano si può fare un cristiano,/ ma di coloro che non sono niente,/ né peccatori né santi,/ né cristiani né pagani,/ né caldi né freddi, /dei morti-vivi, che cosa faremo?

Penso alla croce di Gesù: quale problema risolve, quale strappo ricuce quella croce? Nessuno. Non è chiamata a farlo, la croce non tappa buchi ma sfonda pareti, apre recinti , rotola via le pietre dalle imboccature dei sepolcri. Gesù infatti è più presente proprio nelle situazioni dove vorresti non essere, dove fai tanta fatica ad amare la vita.

La sua esistenza, dal battesimo al processo, è un unico e appassionato tentativo di amare la vita in ogni uomo e donna incontrati, fino al sigillo dei chiodi. È il suo fuoco. Di profeta appassionato come Geremia, che vede i cortigiani adulare il re e lui grida: non farlo, non ti è lecito! Anche se per questo è buttato nella cisterna, e nuota nel fango.

A volte, a parlare del fuoco di Cristo, sembra di nuotare in una palude di giudizi e di rifiuti, nel fango dell’indifferenza e della distrazione. Ma il fuoco ha ragione, mentre il fango ha torto, sempre!

Il Dio di Gesù non porta la falsa pace dell'inerzia, ma “ascolta il gemito degli schiavi”, prende posizione contro i faraoni di ogni tempo.

Porta la pace? No, se credere è entrare in conflitto! (D.M. Turoldo), se credere diventa la scelta controcorrente di chi ha fame di giustizia, dentro una società di ingiustizie; di chi opera per la libertà sotto la tirannia dei poteri forti; di chi grida per la pace dentro un mondo in cui la guerra è giustificata fino al genocidio; di chi ha deciso di scegliere sempre l’umano contro il disumano.

Possiamo vivere accesi, ne abbiamo il dovere morale. E noi sappiamo da dove attingere la fiamma, oggi più che mai: dal Signore che apre orizzonti, in cui fa piaga la somma del dolore del mondo.