Domenica XV - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge?(...) Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino(...). Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». Lc 10,25-37
SANGUE, POLVERE E SPLENDORE
La notte comincia con la prima stella, l’amore con il primo sguardo, il mondo nuovo con il primo samaritano buono. Che, senza mai parlare di Dio, lo rivela. Perché Dio non si dimostra, si mostra.
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Una delle storie più belle al mondo, solo dieci righe di sangue, polvere e splendore.
Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o straniero, ricco o povero. E’ l'uomo, e tanto basta. Non ne sappiamo il nome, ma sappiamo il suo dolore: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra. Oggi il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico.
Il primo che passa è un prete che lo scansa e passa oltre.
Non passare oltre. Cosa c’è oltre l’uomo? Il nulla.
Oltre il sangue di Abele non c’è niente, tantomeno Dio.
Il sogno di un mondo nuovo distende le sue ali ai primi tre gesti del samaritano: lo vide, ne ebbe pietà, si fece vicino. Tutti termini di una carica infinita che grondano umanità.
Vedere e lasciarsi ferire dalle ferite dell’altro.
Fermarsi addosso alla vita che si scioglie nel sangue sulla strada.
Toccare: si può toccare solo da vicino, facendosi “prossimo”.
La compassione non è un istinto, è una conquista, e il samaritano sceglie di fermarsi, senza neppure sapere chi sia quell’uomo.
E poi il racconto si fa rapido. Luca mette in fila altri sette verbi per descrivere un amore senza parole: versò, fasciò, caricò, portò, si prese cura, pagò. Fino al decimo verbo: ripasserò a saldare, se serve. Esagerato. Davvero incapace di calcolo, come Dio.
Quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico è fortunato. Perché l'esperienza di essere amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, risana in profondità chi si sente calpestato nell'anima.
Chi è il mio prossimo? Aveva chiesto il dottore della legge. Gesù gira la domanda: a chi sei prossimo tu?
Il dottore aveva posto all’inizio un’altra questione, immensa: cosa devo fare per essere felice? Come si fa ad essere felici? Domanda conficcata nel cuore di tutti. E Gesù risponde: tu amerai; lo sai già. Tutto il futuro è qui, in un unico imperativo.
Allora ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che hanno sofferto per te. Chi ti ha versato olio e vino sulle ferite, e affetto nel cuore. Non dimenticare mai chi ti ha soccorso e ha pagato per te. Li amerai con gioia, con festa, con gratitudine.
E da loro imparerai: “Va’ e anche tu fai così”.
L'appuntamento con Dio, per tutti, è sempre sulla strada di Gerico. La vera differenza non è tra cristiani, buddisti, musulmani, ma tra chi si ferma accanto all’uomo bastonato a sangue e chi invece tira dritto.
La notte comincia con la prima stella, l’amore con il primo sguardo, il mondo nuovo con il primo samaritano buono. Che, senza mai parlare di Dio, lo rivela. Perché Dio non si dimostra, si mostra.
Ermes Ronchi