domenica 25 agosto - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla(...). Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Gv 6,60-69
Da un mese stiamo leggendo il lungo sesto capitolo di Giovanni, quando Gesù passa, forse in due ore, dall’essere incoronato re, all’essere abbandonato.
Siamo alla resa dei conti, tra guarigioni miracolose e pane che non finisce, ma che all’improvviso sembra stancamente sfiorire.
E molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. E lo spiegano anche: questa parola è dura.
Dura lo è, perché rovescia i potenti e disperde i superbi, perché chiama a pensare in grande. E poi la domanda seria, che guarda in faccia la realtà: volete andarvene anche voi?
Se ne vanno in tanti, e Gesù non tenta di fermarli. Nessun ricatto emotivo, nessuna pressione.
E lo senti proprio tutto, quel velo di tristezza. Ma più forte ancora è l’appello alla libertà di ciascuno: andate o restate, siete liberi, ma decidetevi e scegliete! Questa non è roba per gente tiepida.
E dice: Io voglio vita per te, voglio libertà. Per te voglio stelle in cuore per camminare, correre, volare.
Dio è così: accetta anche di essere abbandonato. Nel momento dell’insuccesso si gira verso i suoi: ve ne andate anche voi?
A noi così attenti ai like, a non dire cose che possono disturbare, a contare quante persone c’erano a messa... Davanti a noi presi dalla concupiscenza dei risultati (E. Cioran) e dei numeri sta Lui, disposto a ricominciare da zero. Ma i numeri non sono mai un criterio evangelico.
Pietro poteva tornarsene a Betsaida, alla piccola azienda di pesca e alla barca, ma quello sarebbe stato solo sopravvivere, uno sterile pescare, mangiare, dormire e poi di nuovo pescare, mangiare, dormire.
Tutto qui?
Non era vivere, non di una vita piena e indistruttibile. Non c’è barca che valga o trasporti l’eternità del cuore.
Risposta bellissima e spiazzante, quella di Pietro: ma da chi mai potremmo andare? Chi ti lascia più? Tu sprigioni vita!
E spezziamola come pane, questa risposta, parola per parola.
Tu solo. Dio solo. Non ho altro, nessun altro di meglio a cui affidare la vita.
Tu solo hai parole: Dio parla, il cielo non è muto, e la sua parola apre strade e nuvole, carezze e incendi.
Le tue sono parole di vita che mi accendono, che danno vita alla mente, perché la mente vive di verità, e la tua verità rende liberi.
Parole che dicono la vita eterna, che donano eternità a tutto ciò che di più bello abbiamo nel cuore, che ci fanno viva la vita.
E la domanda per uscire dal mio credere a metà, è questa: Gesù sprigiona per me un ‘di più’ di vita?
Questione che rimane aperta, con l’unica certezza che ho: dove vuoi che vada, se non da te?