Domenica 1 ottobre 2023 - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». (...) Matteo21,28-32
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PERSONA O PERSONAGGIO?
Ma cos’è, in fondo, la volontà del padre? Avere figli obbedienti? No, il suo sogno è una casa abitata da figli liberi e adulti, alleati con lui per la grande morale evangelica, quella dei frutti buoni, dei grappoli gonfi di mosto.
Un uomo aveva due cuori, in conflitto tra loro. I due figli della parabola sono il nostro cuore diviso, un cuore che dice sì e uno che dice no. Quale dei due ascoltare?
In uno dei suoi salmi più intensi, re Davide chiede a Dio: Signore, dammi un cuore integro, unifica il mio cuore, donami un cuore unificato (Sl 101).
È l’eterno contrasto tra persona e personaggio. Il secondo figlio, quello che dice sì e poi non fa, agisce in nome delle apparenze, fa il personaggio. Così sono io: dico sì, uso il nome di Dio, e poi non mi spendo per questa vigna di uve aspre che è il mondo; uso il nome di Dio e mi giro dall'altra parte davanti all’ingiustizia.
Il primo figlio, è invece persona, cambia idea e va nella vigna anche se nessuno lo vedrà.
Personaggio siamo noi quando agiamo per la scena, per l'applauso, quando le cose da fare non valgono per sé ma per l’approvazione degli altri.
Persona invece siamo noi quando agiamo per gli stessi valori, sia in pubblico che in privato, di fronte o alle spalle, nel dire e nel fare. Il lavoro sui nostri due cuori consiste nel convertirli da personaggio a persona.
Per possedere, anzi per fare viva la tua vita (Ez 18,27).
Al centro del racconto, una domanda: chi ha compiuto la volontà del padre? Ma cos’è, in fondo, la sua volontà? Avere figli obbedienti? No, il suo sogno di padre è una casa abitata da figli liberi e adulti, alleati con lui per la fecondità della terra, che è la grande morale evangelica, quella dei frutti buoni, dei grappoli gonfi di mosto: “volontà del Padre è che voi portiate molto frutto, e che questo frutto rimanga”, che duri, come può durare solo ciò che vale.
Gesù prosegue con una delle sue parole più aspre e consolanti: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio. Perché hanno detto “no” ad una vita senza frutti, e l’hanno abbandonata. Mi è consolante questa parola, perché in Dio non c'è ombra di condanna, solo la promessa di una vita rinnovata per tutti. Dio non rinchiude nessuno nei suoi ergastoli passati, nessuno; ha fiducia sempre, in ogni uomo.
Molti sono i credenti che dicono “sì” a parole, “io credo”, ma nella pratica non agiscono secondo quello che dicono. Cristiani di facciata o di sostanza? Quando passeremo da credenti a cristiani finalmente credibili?
Volontà del padre è trasformare ogni orto abbandonato in vigna rigogliosa. Che ogni figlio passi da una vita inutilmente sterile a una vita fruttuosa di opere buone: morale non del divieto ma della fecondità, del seme che diventa albero, della prostituta che ridiventa donna, del cuore che diventa uno. Volontà di Dio è l'uomo finalmente promosso a uomo, liberi figli che hanno raggiunto fioritura d’umano e maturazione di frutti.
Se agisci così, dice Ezechiele nella prima lettura, “fai viva la tua vita”! E il vangelo porterà frutto a partire da tante piccole vigne nascoste, dove un credente rende meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.