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Ali d'aquila e polvere

Data: 15-06-2023, in Commenti al Vangelo

Domenica XI - 18 giugno - fra Ermes Ronchi

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità (...).Matteo 9,36-10,8

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ALI D'AQUILA E POLVERE

 Lo sguardo positivo di Dio spiazza il no­stro pessimismo di messe scarsa e di chiese ­vuote. Lui sorride, e vede altro. Vede buoni il terreno e la sta­gione, e l'uomo.

Nei campi è ormai tempo di mietiture: il grano ha raggiunto il colore del pa­ne.

La messe è molta. Io invece credevo che i campi della vita fossero aridi e i tempi cattivi, con tanto da arare e da faticare, con scarse prospettive di raccolto.

C'è troppo sudore da mescolare alla semente, una rete da gettare per tutta la notte, e forse per non prendere nulla, come per Pietro il pescatore. Invece Gesù ci sorprende: il raccolto è abbondante.

E ci fa capire che la campagna è sua, la semente la mette lui, il mondo lo fa crescere lui. C'è tanto da raccogliere perché il terreno è buono, e la storia sale, positiva, verso un'estate colma di frutti, e non verso un deserto sterile. Dall'alto Qualcuno guarda e vede che il mondo è ancora cosa buona, come all'origine; ha fede ancora nella bontà comune, perfino nella mia. 

Ma chi ammasserà i raccolti della pace, della giustizia, della fiducia, della gioia? «Pregate il signore perché mandi ope­rai nella sua messe», che non è un invito a pregare per le vocazioni.

Gesù rende i suoi discepoli operai di un lavoro che descrive con i verbi: predicate, guari­te, sanate, libe­rate e donate; ma non saranno solo i discepoli a convertirsi in apostoli. Anche tu sei chiamato ad aggiungerti all'elenco dei dodici, ognuno è il tredicesimo apostolo, ognuno scrive il suo quinto vangelo, con la stessa missione dei dodici: annunciate il regno, che è vicino.

Ge­sù mi chiede di of­frirmi a Dio come operaio della compassione, come lavoratore della pietà per mangiare pane di pianto con chi piange, per bere il calice del dolore con chi soffre. Per offrire le mie mani a sorreggere, accarezzare, dare forza. Per raccontare così Dio.

Dio è vicino; Dio è con noi, nell’amore e nella cura. Sentilo tu quando, non sai perché, ti avvampa il cuore (Rilke).

La messe è abbondante. Lo sguardo positivo del Signo­re spiazza ancora il no­stro pessimismo di messe scarsa, di chiese ­vuote. Ma lui sorride, e vede altro. Vede mol­to grano che cresce e ma­tura, vede che il seme è buono; buoni il terreno e la sta­gione, e l'uomo.

Ma non esiste alcuna scuola che insegni a diventare apostoli, perché non sono le parole che contano, ma quanta convinzione, quanta passione e stupore contengono.

Come farai a dichiarare che Dio è vicino, a sentirlo tu per primo avvampare dentro di te? Dio non si dimostra, si mostra. Con gesti di pietà e di cura: guarite, risuscitate, sanate, date...

L'inviato è povero: un bastone per appoggiarvi la stanchezza, i sandali per andare e ancora andare. Non ha borsa né danaro, ma la pace che gli illumina gli occhi è forza che gli regge le mani. Ha delle ali d'aquila, dice la prima lettura; un supplemento, una strada verso il cielo, una parola capace di rapire il cuore.

Ognuno di noi, con lui, è crocevia di finito e d'infinito, di piedi impolverati e di ali d'aquila. 

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