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L'unica magia che rimane

Data: 03-11-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica 6 novembre - fra Ermes Ronchi

Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui» .  Luca 20,27-38

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L'UNICA MAGIA CHE RIMANE

Non è facile credere nella vita eterna, perché il sadduceo in noi la misura ancora col metro della durata indefinita, anziché con quello dell’intensità profonda.

I sadducei sottopongono a Gesù una storiella ingannevole, quella della donna sette volte vedova e mai madre, caricatura della fede nella risurrezione in cui non credono.

La piccola unica eternità che essi riconoscono è quella biologica, così importante da trattare quella donna come un oggetto di scambio. Non si lasciano neppure sfiorare dall’idea dell’amore, riducendo la carne dolorante e luminosa della vita a strumento, a proprio uso e consumo. Una specie di utero in affitto ante litteram.

Gesù non ci sta, e alla loro domanda subdola (di quale dei sette fratelli sarà moglie quella donna?) contrappone un mondo nuovo: quelli che risorgono non prendono né moglie né marito.

Attenzione: Gesù non dichiara la fine degli affet­ti. I risorti non si sposano, ma danno e ri­cevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, e per sempre.

Non è facile credere nella vita eterna, perché il sadduceo in noi la misura ancora col metro della durata indefinita, anziché con quello dell’intensità profonda.

Dio di Abramo, di Isacco, di Gesù, Dio di mio padre, di mia madre...

In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il segre­to dell'eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma forte del legame che significa: Dio appartiene a loro, e loro appar­tengono di Dio. Legando la sua eternità alla nostra, mo­stra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore. Il Dio dei miei padri vive solo se Isacco e Abramo, solo se tu e io, vivremo. Se quei nomi non esistono più è Dio stesso che non esiste. Se quel legame si dissolve è il nome di Dio che si spezza.

I risorti saranno come angeli. Come le gentili creature evanescenti, incorporee e asessuate del nostro immaginario? O non piuttosto, biblicamente, annuncio di Dio (Gabriele), forza di Dio (Michele), medicina di Dio (Raffaele)? Occhi che vedono Dio faccia a faccia (Mt 18,10)?

Nella Bibbia gli angeli han­no la potenza di Dio, dinamismo che trapassa, sale, penetra, che vola nella luce e nella bellezza per custodire, illuminare, reggere, rendere bello l'amore.

Con l'immagine degli an­geli Gesù ci indica una realtà di faccia a faccia con Dio, e poiché la ri­surrezione rimane un tema cruciale della no­stra fede, il Risorto dirà: non sono uno spirito, un fanta­sma non ha carne e ossa come vedete che io ho (Lc 24,36).

L'eternità non è durata, è in­tensità, e soltanto la nostra risurrezione farà di Dio il Padre per sempre, perché essa non cancella il corpo, non cancella gli affetti. Non fa morire nulla dell'uomo. Lo trasforma. Ogni nostro amore si sommerà agli altri nostri vissuti, senza gelosie ed esclusioni, per farci capaci di intensità profonda, grati dell’infinita scoperta di amare con il cuore stesso di Dio.

L'unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, quando tutto si dissolve, è l'amore (1 Cor 13,8).

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