Domenica 30 ottobre - fra Ermes Ronchi
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Luca 19,1-10
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DEVO FERMARMI A CASA TUA
Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si sente cercato, l'amante si scopre amato, ed è subito festa.
C'è un rabbi che riempie le strade di gente, e un piccolo uomo curioso «cercava di vedere Gesù».
Quello di Zaccheo si direbbe un caso disperato. C'è il muro della folla e lui è basso. Gli basta solo vederlo, di parlargli non spera. Ma poi per dirgli cosa, il ladro di Gerico, impuro, esattore delle tasse, ricco di bustarelle, favori, furti? Cosa c’entra lui con l'amico dei poveri?
Zaccheo, piccolo uomo, conosce i propri limiti ma non si piange addosso, piuttosto si inventa una soluzione: l'albero! E quell'albero diventa la sua libertà.
All'avvicinarsi di Cristo si deve sempre sentire aria di libertà.
«Corse avanti e salì su un sicomoro». Tre pennellate precise: corre, sale sull'albero, cambia prospettiva. Ed ecco che la bassa statura diventa la sua fortuna, l’uomo piccolo di valori diventa un gigante di intraprendenza del bene.
Anche Gesù sa cambiare prospettiva: passa e alza lo sguardo. Ed è subito sintonia, tenerezza chiamata per nome: Zaccheo, scendi. Tra l'albero e la strada uno scambio di sguardi centra il cuore del piccolo uomo, raggiungendone la parte migliore.
Poi, la sorpresa delle parole: devo fermarmi a casa tua.
A Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l'ultima pecora, manco io.
Zaccheo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si sente cercato, l'amante si scopre amato, ed è subito festa.
Se Gesù avesse detto: “Zaccheo ti conosco, so che sei un ladro, ma se restituisci il maltolto oggi verrò a casa tua”, egli sarebbe sicuramente rimasto sull'albero. Invece dice: “devo fermarmi”, per stare con te. Anche Zaccheo come un discepolo (li scelse perché stessero con lui Mc 3, 14).
Dio «deve», ma non per la mia buona condotta, il suo sguardo si posa su ciò che mi manca per una vita piena. Parola che interpella la mia parte migliore, che nessun peccato potrà cancellare.
Zaccheo, solito alla legge dello sfruttamento, capisce da Gesù che la vita è altro, e fa più di ciò che esigeva la legge, forse meno di quello che Gesù vorrebbe, ma in totale libertà. Cuore nuovo, cuore libero, vangelo.
Gesù non gli elenca gli errori, non li giudica, non punta il dito. Il rabbi lo conquista con la sorpresa dell'amicizia, che ripara le vite in frantumi.
Allora scese “in fretta” e lo accolse pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma che dicono sulla conversione più di tanti trattati. E mentre la casa si riempie di amici, Zaccheo si libera delle cose: «Metà di tutto è per i poveri e se ho rubato...». Ora può abbracciare l’intera sua vita di difetti e generosità, può coprire il male di bene.
Così oggi Dio viene a casa mia, a tavola con me. E Gerico diventa ogni strada del mondo dove per ognuno c'è un albero, per ognuno uno sguardo. La casa di Zaccheo è la mia, e sulla soglia ti attendo: vieni!