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Riattaccando la terra al cielo

Data: 13-10-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica 16 ottobre - fra Ermes Ronchi

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola (...): «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». (...)Luca 18,1-8

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RIATTACCANDO LA TERRA AL CIELO

Ma perché pregare sempre? Non perché la ri­sposta tarda, ma perché è infinita. Perché Dio è un canale aperto in cui scorre ossigeno per ogni mio respiro, sorgente che si rinnova ad ogni mio “ho sete”.

Il Vangelo ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna forte e dignitosa, che non si arrende. Ha subito ingiustizia e non abbassa la testa, nonostante i soprusi.

Lungo tutto il Vangelo Gesù ha una predilezione particolare per le donne sole, perché rappresentano l'intera categoria dei senza difesa: vedove, orfani, forestieri; essi sono i difesi da Dio.

C'era un giudice corrotto, dal quale la vedova si recava ogni giorno, chiedendogli: fammi giustizia contro il mio avversario! Avanti e indietro, continuamente a pregarlo.

Pregare è come voler bene, c'è sempre tempo per voler bene: se ami, tu ami giorno e notte, senza smettere mai. Così con Dio: pensi a lui, lo chiami, e da te qualcosa si mette in viaggio all'indirizzo dell'eterno. Ma come è possibile lavorare, incontrare, studiare, mangiare, dormire e nello stesso tempo pregare sempre? Eppure qualcuno c'è riuscito: «Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato lui stesso preghiera» (Tommaso da Celano).

Una donna che non si lascia schiacciare ci rivela che, oltre a tutto questo, la preghiera è un "no" gridato al "così vanno le cose", primo vagito di una storia nuova che nasce.

Quante volte «le nostre preghiere sono volate via come uccelli e nessuna è tornata a portare una risposta» (G. Von le Fort). È l'esperienza di questa vedova, povera come la speranza, indifesa come l'innocenza. Ma con una forza vincente: fede nella giustizia, nonostante tutto. Il miracolo vero è già accaduto, è la fame di giustizia che non si arrende all'inerzia, che non cede al lungo silenzio del giudice. Questo è il modo originale con cui Dio «fa giustizia prontamente».

Con l'immagine della vedo­va mai arresa Gesù so­stiene la nostra fiducia: se un giudice, che è in tutto l'opposto di Dio, alla fine a­scolta, Dio non farà forse giu­stizia ai suoi eletti che grida­no a lui, prontamente? Ma a vol­te la sensazione è proprio questa, che Dio non rispon­da e che ci faccia aspettare a lungo.

Ma quel prontamente di Ge­sù non vuol dire «subito», ma «sicura­mente». Il primo miracolo della preghiera è rinsaldare la fede, farla poggiare sulla certezza che Dio è presen­te nella nostra storia, che non siamo abbandonati. Dio in­terviene, e non m’importa se il “come” mi è sconosciuto, o se non sarà come io vorrei. So che lo farà, e tanto basta.

Ma perché pregare sempre? È come chiedere: perché respirare? Per vivere! Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati; per ricevere in dono il Suo sguardo, per amare con il Suo cuore. Per riattaccare continuamente la terra al cielo.

Pregate sempre: non perché la ri­sposta tarda, ma perché la risposta è infinita. Perché Dio è un dono che non ha ter­mine, mai finito. Canale aperto in cui scorre ossigeno per ogni mio respiro, sorgente che si rinnova ad ogni mio “ho sete”.

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