Domenica 16 ottobre - fra Ermes Ronchi
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola (...): «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». (...)Luca 18,1-8
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RIATTACCANDO LA TERRA AL CIELO
Ma perché pregare sempre? Non perché la risposta tarda, ma perché è infinita. Perché Dio è un canale aperto in cui scorre ossigeno per ogni mio respiro, sorgente che si rinnova ad ogni mio “ho sete”.
Il Vangelo ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna forte e dignitosa, che non si arrende. Ha subito ingiustizia e non abbassa la testa, nonostante i soprusi.
Lungo tutto il Vangelo Gesù ha una predilezione particolare per le donne sole, perché rappresentano l'intera categoria dei senza difesa: vedove, orfani, forestieri; essi sono i difesi da Dio.
C'era un giudice corrotto, dal quale la vedova si recava ogni giorno, chiedendogli: fammi giustizia contro il mio avversario! Avanti e indietro, continuamente a pregarlo.
Pregare è come voler bene, c'è sempre tempo per voler bene: se ami, tu ami giorno e notte, senza smettere mai. Così con Dio: pensi a lui, lo chiami, e da te qualcosa si mette in viaggio all'indirizzo dell'eterno. Ma come è possibile lavorare, incontrare, studiare, mangiare, dormire e nello stesso tempo pregare sempre? Eppure qualcuno c'è riuscito: «Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato lui stesso preghiera» (Tommaso da Celano).
Una donna che non si lascia schiacciare ci rivela che, oltre a tutto questo, la preghiera è un "no" gridato al "così vanno le cose", primo vagito di una storia nuova che nasce.
Quante volte «le nostre preghiere sono volate via come uccelli e nessuna è tornata a portare una risposta» (G. Von le Fort). È l'esperienza di questa vedova, povera come la speranza, indifesa come l'innocenza. Ma con una forza vincente: fede nella giustizia, nonostante tutto. Il miracolo vero è già accaduto, è la fame di giustizia che non si arrende all'inerzia, che non cede al lungo silenzio del giudice. Questo è il modo originale con cui Dio «fa giustizia prontamente».
Con l'immagine della vedova mai arresa Gesù sostiene la nostra fiducia: se un giudice, che è in tutto l'opposto di Dio, alla fine ascolta, Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano a lui, prontamente? Ma a volte la sensazione è proprio questa, che Dio non risponda e che ci faccia aspettare a lungo.
Ma quel prontamente di Gesù non vuol dire «subito», ma «sicuramente». Il primo miracolo della preghiera è rinsaldare la fede, farla poggiare sulla certezza che Dio è presente nella nostra storia, che non siamo abbandonati. Dio interviene, e non m’importa se il “come” mi è sconosciuto, o se non sarà come io vorrei. So che lo farà, e tanto basta.
Ma perché pregare sempre? È come chiedere: perché respirare? Per vivere! Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati; per ricevere in dono il Suo sguardo, per amare con il Suo cuore. Per riattaccare continuamente la terra al cielo.
Pregate sempre: non perché la risposta tarda, ma perché la risposta è infinita. Perché Dio è un dono che non ha termine, mai finito. Canale aperto in cui scorre ossigeno per ogni mio respiro, sorgente che si rinnova ad ogni mio “ho sete”.