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Abbondanza senza nome, senza abbracci

Data: 28-07-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica 31 luglio 22 - p. Ermes

(...) Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. (...) Demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”». (...)Luca 12,13-21

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ABBONDANZA SENZA NOME, SENZA ABBRACCI

Quel ricco si illude di avere in tasca la felicità, che invece dipende da due cose: non può essere solitaria e ha a che fare con il dono.

Un uomo ricco aveva a­vuto un raccolto ab­bondante. Quell’anno la sua campagna era stata generosa, ed egli ragionava tra sé: «Come faccio? Ho troppo! Demolirò i miei magazzini e ne ricostruirò di più grandi».

Scrive san Basilio: E poi cosa farai? Demolirai ancora e ancora ricostruirai? Con cura costruire, poi con cura demolire: cosa c'è di più insensato, di più inutile?

Demolire per ricostruire, è la logica delle guerre.

L’uomo senza nome si era avvicinato alla giusta intuizione: ho troppo. Ma poi la sua mente ha preso la strada sbagliata, che punta dritto in seno alla solitudine. Come i due fratelli da cui nasce la parabola, che avviano la contesa, il conflitto sulla base della proprietà. “Dì a mio fratello che divida con me l'eredità”. Gesù si rifiuta di fare l’arbitro, essere fratelli è un’altra cosa.

Un ricco si illude di avere in tasca la felicità, che invece dipende da due cose: non può essere solitaria e ha a che fare con il dono.

Non c'è nessuno attorno a quest'uomo. Nessun nome, nessun volto, nessuno nel­la casa, nessuno nel cuore. Solo in mezzo al deserto a ripetere ossessivamente un unico aggettivo: mio. Miei i raccolti, miei i magazzini, miei i beni, mia la vita, mia l’anima. Davvero la sua vita dipende dai suoi beni, ruota attorno ad essi.

Stregoneria dell'io, dove nessun altro esiste; nessun affetto che sia sincero.

Si vive così solo per abbracciare la propria solitudine, il denaro si è mangiato il nome e l’anima. Nessuno entra nel suo orizzonte senza aperture, senza brecce e senza abbracci. Con le sue scelte è già morto agli altri, e gli altri per lui.

Stolto, lo chiama Gesù, non per­ché cattivo, ma perché po­co intelligente. Ha investito sul prodotto sbagliato, sul possesso e non sulle persone. Stolto! Questa notte dovrai re­stituire la tua vita.

Tristezza che Gesù prova per ­l'uomo della parabola, la cui morte è solo il prolunga­mento di azioni senza saggezza. Morte che ha già fatto il nido nella sua casa, nel suo cuore indifferente.

Alla fine dei giorni, sulla colonna dell'avere troveremo solo ciò che abbiamo avuto il coraggio di mettere nella colonna del dare.

Vuoi vita piena, felicità vera? Non andare al mercato del­le cose, che promettono ciò che non possono mantenere. Sposta il tuo de­siderio su altro, desidera dell'altro, sogna un tempo dove l'evidenza non sia solo materiale. Gli unici beni da ac­cumulare per stare bene sono relazioni buone, libe­re e liberanti.

Allora, se non dai beni, da cosa dipende la vita? Da una triplice cura: della tua interiorità, delle persone accanto a te e della casa comune. Triplice cura da attingere dalla Sorgente che non verrà mai meno. Allora, più vivo di così non sarai mai.

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