Domenica 22 maggio - VI di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. [...]».Giovanni 14,23-29
commento di fra Ermes per i social
NELLA CASA DELLE DUE PROMESSE
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, che è una storia d'amore con Dio, Parola accolta e incarnata con ogni fibra del corpo. Lui mi chiede soltanto di diventare casa per le sue due promesse: lo Spirito e la pace.
Se uno mi ama. Per la prima volta Gesù rivendica per sé il sentimento più importante e dirompente del mondo umano: l'amore. Se mi ami, osserverai, comprenderai, assorbirai la mia parola, esattamente come si fa con le parole dell’amato. Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, che è una storia d'amore con Dio, di Parola accolta e incarnata con ogni fibra del corpo.
E noi abbiamo capito male, abbiamo capito “osserverai i miei comandamenti”. Ma la Parola, invece, «opera in voi che credete»; infatti crea, genera, accende, spalanca orizzonti, illumina passi, semina di vita i campi della storia.
Noi pensavamo: se osservo le sue leggi, io amo Dio. Non è così, perché si può essere cristiani osservanti anche per paura o per avere vantaggi, per sensi di colpa.
E ci hanno insegnato: se ti penti, Dio ti userà misericordia. Non è vero. E’ la sua misericordia a prevenire il pentimento, il cui tempo è l'anticipo, il cui amore è preveniente. Ma cosa vuol dire amare Gesù? Come si fa? E’ un'emozione, un gesto di carità, molte preghiere e sacrifici? No. Amare comincia con la resa a Dio, con il lasciarsi cullare da lui ad occhi chiusi. Dio non si merita, si accoglie, perché è il Dio della grazia, e non della legge.
Noi verremo verso colui che abbrevia instancabilmente le distanze, per stare presso la sua dimora. Siamo il cielo abitato da Dio, cielo immenso in cui spazia il Signore della vita. Campo dove cade pioggia di vita e accoglie germi divini.
E mi sembra che i pochi centesimi d’amore che ho non bastino quasi a nulla, che suonino a vuoto, invece il Misericordioso senza casa, cerca casa in me. Dove altrimenti? Forse non troverà una vera dimora, solo un povero riparo, una stalla, una baracca. Ma Lui mi chiede una cosa soltanto, di diventare frammento di cosmo ospitale. Casa per le sue due promesse: lo Spirito e la pace.
Dio prende dimora in te, ma se non pensi a lui, se non gli parli, se non lo ascolti nel segreto, nel silenzio, forse la casa è vuota, e non sei ancora dimora di Dio. Ma “lo Spirito vi insegnerà ogni cosa”. Lo Spirito: tesoro che non finisce, sorgente che non tace, vento che non posa. Che non avvolge soltanto i profeti, ma convoca tutti noi cercatori di tesori, cercatrici di perle. Con due verbi: Insegnare e Ricordare, i poli entro cui egli soffia indomito.
Colui che in principio covava le grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi, creatore, sugli abissi del cuore.
Vi lascio la pace, questo miracolo fragile e sempre infranto. Dono da costruire “artigianalmente” (papa Francesco), ciascuno con la sua piccola palma di pace nel deserto della storia, sacra minima oasi di pace dentro le relazioni quotidiane, responsabilità bellissima che nessuno mai potrà rubarci.
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