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Ancora un po' di compassione

Data: 18-03-2022, in Commenti al Vangelo

domenica III di Quaresima - 20 marzo - p. Ermes Ronchi

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (...) Luca 13,1-9

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ANCORA UN PO' DI COMPASSIONE

L'amore di Dio è preveniente, e la sua misericordia corre avanti al pentimento; per questo lui non c’entra nulla con il male dilagante: l’amore è impotente, vive ai suoi antipodi. Questo io so: Dio si coinvolge. Potente come l'amore. Impotente come l'amore.

Annunci di morte, nel vangelo, e grandi domande. Che colpa avevano quegli uomini? È Dio che guida le armi? Che colpa avevano i diciotto morti sotto la torre crollata a Siloe? E chi è colpito dal terremoto, dalla guerra, dalla malattia, è forse castigato da Dio? La risposta di Gesù è netta: non è Dio che fa cadere torri o palazzi, non è la mano di Dio ad architettare stragi.

Piuttosto, convertitevi al compimento della legge: " tu amerai". Amatevi, altrimenti vi distruggerete.

Conversione è l'inversione di rotta della nave che va diritta sugli scogli. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che il mondo intero deve cambiare direzione: nelle relazioni, nella politica, nell’economia, nell’ecologia.

Mai come oggi sentiamo attuale questo appello accorato di Gesù. Mai come oggi capiamo che tutta la terra è in stretta connessione: se ci sono milioni di disperati in pianto, sarà il mondo intero ad essere una collina di croci; se la natura è avvelenata, muore anche l'umanità; l'estinzione di una sola specie vivente equivale a una mutilazione di tutti.

Gesù prende le difese sia di Dio, sia degli uccisi: non è Dio che arma la mano di Pilato, che aggiunge sangue a sangue, che abbatte torri. «Ma dov'è Dio?» Ci domandiamo oggi, giorno del dolore. Dio è lì, certamente. Ma non si frappone fra vittima e carnefice; è ancora e di nuovo e per sempre crocifisso con la vittima; non spezza le lance degli uccisori, ne è trafitto insieme. Dio sta nel riflesso più profondo di tutte le lacrime, e si fa confine alle tue con la speranza, con l’attesa della risurrezione.

E’ un padre che crede in me prima ancora che io dica sì, perché il tempo di Dio è l'anticipo, il suo amore è preveniente, e la sua misericordia corre avanti al pentimento; la pecorella è trovata quando è ancora lontana e non torna, e il padre abbraccia l’atteso figlio che torna prima ancora che apra bocca; per questo lui non c’entra nulla con il male dilagante: l’amore è impotente, vive ai suoi antipodi.

Ancora un anno, ancora un giorno, ancora sole, pioggia e lavoro: quest'albero è buo­no! Tu sei buono! Darai frutto, il frutto tuo.

Il Dio contadino, si prende cura come nessuno di questo campo, di questo piccolo orto che io sono; mi lavora, mi pota, sento le sue mani ogni giorno. «Forse, l'anno prossimo porterà frutto». Questo “forse”, una piccola probabilità, uno stoppino fumigante gli è sufficiente per sperare. Si accontenta, si aggrappa a un fragile forse, forte solo di ciò che l'amore può.

Perciò abbi fiducia, sii indulgente verso tutti e anche verso te stesso, e vedremo la primavera che non si lascia sgomentare, che la Pasqua non si arrende.

Perché questo io so: Dio si coinvolge. Potente come l'amore. Impotente come l'amore.

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