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Coppe grigie di lacrime, rosse di sorrisi

Data: 13-01-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica II - 16 gennaio - p. Ermes Ronchi

  In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Giovanni 2,1-11 

commento di fra Ermes per i social

COPPE GRIGIE DI LACRIME, ROSSE DI SORRISI

A lungo abbiamo pensato che Dio non amasse le feste degli uomini. A Cana, invece, la fede rivela che Dio gode della gioia degli uomini, e  vi collabora perché riesca al meglio.

C’è una festa nuziale a Cana, in Galilea: in quella notte di fiaccole accese, di canti e di balli. Le porte sono aperte, il cortile pieno di gente. C’è accoglienza perfino per la rumorosa e variopinta carovana di discepoli salita dal lago, al seguito di Gesù.

Una festa un po’strana: la sposa non è neppure nominata, lo sposo è del tutto marginale. Ma quelle nozze raccontano l’amore tra Dio e l’umanità, una vicenda che si va esaurendo, come il vino di Cana. Occorre qualcosa di nuovo.          

Gesù non ha declinato l’invito, come avesse altre cose da fare, ma raggiunge la festa, e lo fa con il suo “vestito nuziale”, un volto di gioia da indossare quando le parole non bastano a raccontare l’anima leggera.

Israele risuonava del grido di schiavi e lebbrosi, di gente che malediceva la vita, e Gesù avvia il suo servizio alla vita partecipando ad una festa. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino! Dio presente. Comunque.

Anche Maria partecipa alla festa, e nel suo osservare discreto vede ciò che nessuno nota, vede che il vino è terminato. Il banchetto è fin troppo generoso e il vino finisce in fretta, ma gli invitati sembrano non accorgersi di nulla.

Il vino non è indispensabile, è un di più inutile a tutto eccetto che alla qualità della vita, e Maria lo sa.

A lungo abbiamo pensato che Dio non amasse le feste degli uomini. A Cana, invece, la fede ha un battesimo di gioia. Questo segno, il “primo di tutti i segni”, rivela che Dio gode della gioia degli uomini, e  vi collabora perché riesca al meglio.

Che Cana sia un fatto storico o un racconto simbolico, poco importa. La bella notizia è che Dio si unisce al nostro piacere di esistere, con quella sinergia  che fa cambiare colore alla vita.

Anche a noi a volte manca “quel non so che”, piccoli perdoni, piccoli sorrisi, piccole tensioni da chiarire, piccole parole di tenerezza e di cura. Manca il vino buono dell’alleanza complice.

Cana ci sussurra una domanda: cosa manca attorno a noi? Cosa, per uscire dal piccolo privato, e vibrare per il bene comune?

E’ Maria ad indicare la strada: “Qualunque cosa vi dica, fatela”. Fate il suo Vangelo, e le vuote e grigie anfore del cuore si riempiranno di energia.

Qui a Cana, Gesù annuncia la sua fede nell’amore tra uomo e donna. Ci crede a tal punto da farne il luogo primario della sua evangelizzazione, originario spazio di vangelo, perché l’amore umano ha fame di eternità e di assoluto, perché è la forza che mette la persona prima della legge, dove la speranza spegne la rassegnazione e i sogni si lanciano nel futuro.

Il Dio in cui credo è il Dio delle nozze di Cana.

E io, cosa posso offrirgli? Solo acqua, nient’altro che acqua. E forse un po’ d’amore. Eppure Lui lo vuole tutto, ne ha sete e lo benedice, e lo fa maturare, e lo fa crescere, su fino all’orlo di tutte le mie anfore.

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