Domenica 10 ottobre 21 - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: (...) «Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”» (...). «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri». (...) Marco 10, 17-30
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LA MATEMATICA DELLA VITA
Il ricco osserverà tutti i comandi ma non ne avrà gioia, perché ha scelto di avere, non di essere.
Allora, sul denaro, il Vangelo si riduce a due concetti: non accumulare e quello che hai, condividilo. Più della povertà, è la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà.
Un tale corre incontro a Gesù. Corre, con un gesto bello, pieno di slancio e desiderio. Ha grandi domande, grandi attese.
Cosa faccio per avere la vita eterna? Termine che non indica il tempo senza fine, ma la vita stessa dell'Eterno. Vuole sapere se la sua è vita oppure no; si accorge che il nome gli è stato rubato dal denaro, anonimo come lui, senza anima né cuore, che crea persone a sua immagine e somiglianza.
Quest'uomo corre il grande rischio di voler conoscere la verità di se stesso, ma non sarà in grado di sopportarla.
Gesù gli ricorda la legge verso il prossimo, ma al ricco non basta: tutto questo l'ho sempre fatto, e non mi ha riempito la vita. Dovrei essere in pace, eppure mi manca qualcosa!
Cosa c'è di più del dovere compiuto, tutto e sempre? Inquietudine luminosa, tarlo vorace che rode le false paci dell'anima, che fa nascere cercatori di tesori.
Voglio giorni più coraggiosi, confini più lontani. Signore, dimmi cos’è!
Gesù lo guarda negli occhi e vede fame di vita, e lo ama per quel «eppure», per quella sete d'altro che non nasce dai tuoi errori, ma da ciò che non hai osato, dall'audacia mancata.
L'uomo molto ricco, diventa molto triste.
Era arrivato correndo, se ne va camminando. Lui che fioriva di domande se ne va muto. Sarà, per tutta la vita, onesto e triste.
Il ribelle si è arreso; il cercatore, spaventato. Ci vuole troppo coraggio. Non capisce che la felicità non vive di possesso, ma di dono; che la sicurezza non sta nel denaro, ma nei volti. Osserverà tutti i comandi ma non ne avrà gioia, perché ha scelto di avere, non di essere.
“Quanto è difficile che un ricco entri!” I discepoli sono stupefatti: allora chi si può salvare? Anche noi abbiamo desideri di terra!
Ed ecco Gesù rivelare un Dio appassionato dell'impossibile: dieci cammelli passeranno per la cruna di un ago! Lui saprà moltiplicare quel nulla che ti resta, saprà riempirti la vita di affetti e fratelli.
Molti altri ricchi incontravano Gesù, ricchi che lui amava: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. Cosa avevano, loro, di diverso? Sapevano creare comunione, riempivano le proprie case di commensali, assistevano i dodici con i loro beni.
Allora, sul denaro, il Vangelo si riduce a due concetti: non accumulare; quello che hai, condividilo. Più della povertà, è la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà.
Dio ci ha dato le cose per servircene, e gli uomini per amarli, e non viceversa. Cosa avremo in cambio? Una vita moltiplicata.
Ti darò un tesoro, non possederai nulla eppure godrai del mondo intero. Povero e signore, come me.
Il Vangelo non è rinuncia, se non della zavorra che ci impedisce il volo. E’ addizione di vita, colpo d’ala che ci eleva insieme.
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