domenica 22 agosto - p. Ermes
Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre» (...) Gv 6,60-69
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A casa da te.
«Volete andarvene anche voi?» C'è un velo di tristezza in Gesù. Ma anche un forte appello alla libertà: siate liberi e fieri, andate o restate, ma scegliete dove vi porta il cuore.
La parola centrale di oggi è "vita". Parola che non indica solo l'esistenza, ma ogni cosa pensata e raccolta sotto questo nome. Ad accompagnarla é lo “spirito”, parola che indica il soffio, sottile e vivo come un respiro.
«Le mie parole sono spirito e vita». L'atto supremo di Dio è e resta questo: dare vita, ora e per sempre.
ll Vangelo riporta un insuccesso di Gesù nella sua terra, tra i suoi. Succede a Cafarnao, teatro di miracoli e insegnamenti: molti dei suoi discepoli si tirano indietro e non lo seguono più a causa, dicono, di un linguaggio duro, scandaloso. Gesù non lo nega.
Il vero scandalo è quando il vangelo per me non è più in salita, quando non mi contesta, e accade perché ho versato acqua nel suo vino inebriante, e l'ho impoverito, addomesticato, facendogli perdere la sua forza di opposizione alla mentalità corrente, e alla mia. Il sale ha perso sapore, e non brucia più sulle ferite.
Alcuni, a gara, cancellano le pagine dure del vangelo. Dure non perché indicano rinunce o privazioni o pareti vertiginose da scalare, ma perché chiamano alla trasfigurazione, a pensare in grande, a volare alto, a capovolgere l'immagine di un Dio che abbandona la potenza, che rinnega gli ingressi trionfali nella storia, e si fa lieve come un'ala, piccolo come un piccolo pezzo di pane, che entra, nutre e scompare... Un Dio capovolto.
«Volete andarvene anche voi?» C'è un velo di tristezza in Gesù. Ma anche un forte appello alla libertà di ciascuno: siate liberi e fieri, andate o restate, ma scegliete dove vi porta il cuore.
E Pietro risponde, a nome nostro: «Da chi andremo?». Lui che ha conosciuto la durezza delle parole del maestro, quel Pietro che balbetterà di paura, scopre l'altro linguaggio di Gesù: «Tu solo hai parole che fanno vivere». Tu solo.
La parola è una cosa povera e splendida: solo una vibrazione, un soffio leggero che spalanca porte e fa rotolare pietre dai sepolcri che apre strade e nuvole e incontri, che porta carezze e incendi. Verbo primordiale che crea.
Tu solo, Signore! Ma da chi mai potremmo andare? Pietro poteva tornare alla sua barca. Betsaida è lì accanto, ma quello era appena sopravvivere, non era vivere davvero e per sempre, non c’è barca che valga o trasporti l’eternità del cuore.
Tu solo! Dichiarazione di amore geloso ed esclusivo come fuoco scoppiettante: solo le parole che tu crei per me fanno viva, finalmente, la mia vita. Il cielo non è muto! Dio parla e la sua parola creatrice trova casa proprio in me.
Volete andarvene anche voi? Io no, non me ne vado, Signore. Non ti lascio, io scelgo te, perché la tua casa è qui. E io la vedo.
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