Domenica 1 agosto 21 - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». (...) Gv 6,24-35
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Gesù interroga la mia fede illusoria: io amo Dio o i favori di Dio? E cosa dobbiamo fare per avere questo pane? Dovete credere che solo io porto senso, profondità, forza e canto alla vita.
FAME E PAURA
Il lago si è riempito di barche e di speranze. Lago che germoglia di domande.
Rabbi, perché ti nascondi? Quando sei venuto qua? E la folla pone la terza domanda: quale segno fai perché possiamo crederti? Mosè ci ha dato la manna, ma tu che cosa ci dai?
Gesù interroga la mia fede illusoria: io amo Dio o i favori di Dio? Abramo, padre dei credenti, i profeti, credono nella Parola più che nella sua realizzazione. E io? Amo i doni che attendo o amo il Donatore?
E Gesù svela la sua distanza: molto più di un lago c’è di mezzo tra me e voi... Incompreso, è sempre sull’altra riva.
Ma lui, che ha sfamato la folla, vuole svegliare in loro un’altra fame, per un pane diverso; e risponde con due parole semplicissime, che sono la chiave di volta del Vangelo: Dio dà.
Dio non chiede, Dio dà. Non pretende, non esige, Dio dà. Non pane in cambio di potere, neppure del potere sulle anime. Dio dà vita al mondo.
Ma Rabbi, cosa dobbiamo fare per avere questo pane?
Dovete credere che io porto senso, profondità, forza e canto alla vita. Credere, ma con fede pura, che va oltre. Non cercandomi solo perché avete mangiato!
Le cose, lo sappiamo, non bastano mai. E le persone? Quando ci hanno dato tutto ciò che potevano, affetti, stima, amore, capiamo «di conclamarci a vicenda immortali, con la morte fra le braccia» (Turoldo).
Neanche le persone ci colmano la vita. E se ne vanno. E ci limitano. Ma Dio ha fatto il cuore più profondo di tutte le creature della terra messe insieme.
L'uomo nasce affamato. Ed è la sua fortuna. Il bambino ha fame di sua madre, gli amanti hanno fame l'uno dell'altro, e poi di un figlio che incarni il loro amore, dove vedere affacciarsi il futuro per sempre. E quando una famiglia è completa, dovrebbe sentirsi appagata. E invece l'uomo sente una felicità sempre minacciata. Ed ha fame e paura, desidera amici e teme tradimenti. Ha fame di corpi e poi di infinito.
La risposta a questa fame non è nel creato, è fuori. E’ un pane dal cielo.
Pane è parola piena di significati. Non è solo un pugno di farina passato nel fuoco, ma tutto ciò che serve a mantenere la vita. Amore. Essenzialità. Pace. Dignità. Energia. Libertà. Il miracolo che tracima dal vangelo dice che non tutto si risolve nelle tue leggi, o nelle regole che sai: «Dio offre i suoi doni su piatti di luce, avvolti in bende di luce» (Rab'ia).
Il cristianesimo non è un corpo dottrinale cui aggiungere nuove definizioni dogmatiche, ma una calda corrente che ci inonda affinché giunga a maturazione l'uomo celeste che è in noi, sbocciando nel tempo e nell'eterno.
Io ho saziato per un giorno la tua fame, ma posso colmare tutta la tua vita, e riempire tutte le profondità insoddisfatte della tua esistenza.
L’uomo non può vivere senza mistero, e la sua sete di cielo non si placherà mai solo con larghe sorsate di terra.
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