Lettera della Comunità dei frati
I frati Servi di santa Maria di Isola, nel 1° anniversario della morte di fra Germano, desiderano raggiungere, nella comunione e nella gratitudine,
quanti lo hanno conosciuto e hanno collaborato con lui, fratello e amico
caro, ancora presente in mezzo a noi: fra Germano continua a
passeggiare nel corridoio del chiostro, sta in silenzio davanti alla
Grotta di Lourdes, siede con noi in coro, scorrazza sul piazzale con la
sua Ape, e in santuario accoglie i pellegrini con il suo sorriso
benedicente.
Nel testamento spirituale afferma: “La vita è un dono. La morte un
trapasso”. E ringrazia Dio, fonte amorosa di Luce, per il dono della
vita, e poi la Vergine Madre per aver vissuto, “se pur indegnamente”
nell’Ordine dei suoi Servi.
Era orgoglioso, felice di appartenere all’Ordine dei Servi di santa
Maria: legato per le sue origini friulane alla Madonna delle Grazie
(Udine), ha poi vissuto la maggior parte della sua vita nella fraternità
dell’Istituto Missioni, all’ombra di santa Maria di Monte Berico,
la Madre della Misericordia alla quale affidava le persone incontrate nel tempo della questua.
Nel 1996, venne a vivere la sua vita di lavoro e preghiera nel nostro
convento di santa Maria del Cengio, rivelandosi una presenza bella e
serena, laboriosa e generosa, fraterna e solidale.
Aveva un cuore libero e tutto ciò che riceveva alla questua diventava
nelle sue mani strumento di comunione: non teneva nulla per sé,
distribuiva, faceva dono a chi sapeva essere nel bisogno. Si ispirava
alla logica antica e sapiente dello scambio dei doni! E alla parola del
vangelo: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
Per lui era vera la parola del Signore: “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Dopo un intervento chirurgico ambulatoriale, si rivolse al chirurgo per ringraziarlo e assicurargli in cambio una cassetta di verdura e una
bottiglia di buon vino. Già: grazie! La parola usciva teneramente,
continuamente, dalle sue labbra. E ci lasciava nell’incanto. Fra Germano
custodiva nel cuore questa parola, ricamata dalla grazia che l’ha
avvolto fin dall’infanzia.
Era solito passare – con la sua Ape – (che di rumore e di fumo ne faceva!) libero di raggiungere le persone in difficoltà, facendosi carico dei
loro dolori e delle loro gioie, assicurando loro una preghiera davanti a
santa Maria, e non lasciava mai la casa senza aver dato la propria
benedizione.
Fra Germano aveva il suo ritmo di questua legato alla stagione dei
frutti della terra: quella del grano, della vendemmia, delle patate,
delle mele… E la questua era destinata a sostenere i giovani in
formazione (“i fratini”), le missioni che, al tempo di fra Germano,
erano in piena fioritura in America Latina, in India, in Africa, la
comunità e anche molte famiglie in crisi e meno fortunate, incontrate
nelle soste nelle case: era il suo “sacerdozio laico”.
Ci andava con collaboratori pazienti e generosi. Come non ricordare
Renato G., Domenico, Giuseppe P., Bepi C., Teresina, Igea, Luigi F. e
moglie, Silvano e Pia, Giacomo, Matteo…
Prendeva, il giorno prima, l’appuntamento con le famiglie e il
contatto con le varie aziende che era solito frequentare. Se prevedeva
di assentarsi dal convento per più giorni o per una settimana si
rivolgeva al priore e gli chiedeva la benedizione.
Partiva di buon mattino contando sull’ospitalità presso alcune
generosissime famiglie, che gli riservavano ogni comfort fraterno. L’Ape
era sempre pronta, con la statua della Madonna di Monte Berico sul lato
destro della guida.
Teneva poi una piccola tanica di benzina di riserva e una serie di bottiglie di vino da regalare lungo le soste della questua.
Il sabato era il giorno del mercato ortofrutticolo a Vicenza. Ci andava con Renato G. e volte saliva nell’ufficio di Maurizio, non per un caffè ma per dialoghi spirituali.
Perché Germano sapeva ascoltare e dare consigli e…anche l’assoluzione!
Era l’uomo della misericordia, “riconosciuta come una delle
caratteristiche dei Servi, che continuano nella loro vita l’esempio
della Madre di Dio”. Non possiamo dimenticare l’atteggiamento
misericordioso nei confronti dei suoi aggressori.
Nessuna parola aggressiva nei loro confronti, anzi augurava loro un futuro buono e di lavorare con onestà.
Fra Germano amava la convivialità, la gioia di un buon bicchiere
insieme, le battute vivaci che gli illuminavano lo sguardo azzurro. (Oh,
come sarebbe bello evocare ancora tanti suoi aneddoti!). Lo chiamavamo
sorridendo “il nostro abate”, per la sua lunga e fedele esperienza di
frate e per la sapienza del vivere.
Era solito ripetere di avere sempre tanti “mestieri da fare”. Non aveva
tempo neppure di andare dal medico. Incaricava la sua amica Carmela di
chiedere le ricette e aggiornare il medico sul suo stato di salute.
Dopo l’aggressione, è stato ospite a varie riprese nell’infermeria
provinciale dell’Istituto Missioni, coccolato da tutti i confratelli e
dagli operatori sanitari, coordinati da Silvana che riusciva a
strappargli un sorriso, a farlo mangiare e perfino ballare!
Chiedendo in confidenza a fra Germano se il pensiero della morte lo
preoccupasse, rispondeva che era sereno. Diceva: “Mi sostiene la
speranza che Santa Maria, sapendo delle mie imperfezioni, mi introdurrà,
come madre misericordiosa, davanti a suo Figlio, che è morto e risorto
anche per me”.
E per il funerale chiedeva che venisse cantato il salmo 23 (Il
Signore è il mio pastore) nella versione di P. David M. Turoldo,
invitando a pregare il Signore perché dei giovani potessero consacrarsi
al Signore nella forma di vita dei Servi.
Fare memoria di fra Germano – in questo primo anniversario della sua
morte – è riconoscere le meraviglie che il Signore ha compiuto in lui; è
essere grati a tutti i collaboratori e benefattori e amici che in tanti
modi hanno voluto bene e aiutato fra Germano; è credere che le
relazioni coltivate con semplicità hanno la forza di immetterci
nell’Eterno che ora fra Germano respira a pieni polmoni e che noi osiamo
appena sperare!
Ricorderemo fra Germano mercoledì 20 gennaio alla messa comunitaria
delle ore 8.00 e domenica 24 gennaio alle messe delle 10.30 e delle
17.00.
Un abbraccio dai frati di santa Maria del Cengio.